Una partita orfana di vigilie come queste mancava da tanto
tempo ai bianconeri, e i media non se la sono fatta sfuggire, caricandola di una
tensione forse un po’ prematura, guardando il calendario. Tuttavia, non è una
partita come tutte le altre, è la Partita. Il match per il quale si aspetta una
stagione intera, quella che, solitamente, innesta sul binario giusto coloro che
infine vinceranno il tricolore. Tutta Italia, ha aspettato con trepidazione
questo incontro, così importante da far passare l’altro big-match,
Napoli-Inter, come un’altra partita qualsiasi.
Dopo ore e ore di pre-partita, ricordi e testimonianze
varie, video di gol, alcuni belli e altri fortunosi, opinioni e tensione tale
da poter essere tagliata con un grissino, finalmente la Scala del Calcio
presenta alla nazione intera (senza tralasciare tutti gli altri paesi
collegati) i 22 attori protagonisti della serata: Conte lascia in panchina
Matri, Vucinic e Pepe, schierando Borriello, Quagliarella ed Estigarribia, con
un ormai solito 3-5-2, mentre Allegri punta tutto su Robinho e Pato, supportati
da Emanuelson. La scena poi verrà rubata dalla terna arbitrale, ma andiamo con
ordine: i primi dieci minuti lasciano poco spazio all’immaginazione, facendo
prevedere il solito copione, con una Juve aggressiva in tutti i punti del campo
e Milan pronto a ripartire; invece no, i rossoneri annullano i bianconeri con
la loro stessa arma, l’intensità di gioco. La partita più difficile di tutta la
stagione dei bianconeri inizia a dare i suoi frutti, per la gioia, parziale, di
Galliani e co.: Bonucci si addormenta, sbagliando un disimpegno in mezzo al
campo, e sul successivo tiro da lontano di Nocerino, devia il pallone oltre le
spalle di Buffon. La Juve non è esperta di rimonte (non a caso, l’unica
vittoria bianconera arrivata dopo essere passati in svantaggio, è stata quella
contro il Catania) e gli undici di Conte faticano a riprendersi, tanto che
rischiano e dovrebbero subire il secondo gol. Buffon prima compie un miracolo
su Mexes, poi sulla ribattuta di Muntari salva il pallone, che tuttavia è già
entrato in porta di almeno 20 centimetri. L’assistente Romagnoli non vede, Tagliavento
si affida a lui, lasciando ripartire la Juventus in contropiede, che sfiora il
gol del pareggio con un gran tiro di Estigarribia. Scoppia la polemica che ci
accompagnerà per settimane e settimane. Oltre all’acuto del paraguaiano la Juventus
sembra una copia della squadra Delneriana.
All’intervallo, dopo un presunto siparietto poco amichevole
tra Galliani e Conte, l’allenatore bianconero si mette ai ripari, “scaricando”
Estigarribia, per Pepe, e passa ad un più classico 4-3-3. Allegri fa
altrettanto, e toglie dal campo il fantasma di Pato, per un sempre più
promettente El Shaarawy. In campo cambia poco, se non che il faraoncino incide
di più di quello che è un Pato sempre più perduto, tra infortuni muscolari e
figlie di presidenti. Intanto entra in campo anche Vucinic, al posto di Borriello,
con lo scopo di illuminare e accendere la squadra: bocciato. Per suonare la
carica ai bianconeri ci vuole la personificazione della grinta, di colui che non
è mai disposto a mollare mai, Giorgio Chiellini. Il terzino sinistro livornese
serve un cross perfetto per Quagliarella, in procinto di uscire dal campo per
far posto a Matri, che da un metro di distanza spara il pallone su Abbiati. Non
sarà lui il salvatore della patria, ma i tifosi bianconeri possono
tranquillizzarsi, quando vedono entrare Matri, caricato di rabbia ed energia
accumulate nei 70 minuti di panchina. Prima riesce a segnare, ma l’assistente
di Tagliavento (sempre lui, sempre Romagnoli) gli nega la gioia del decimo gol
stagionale per un inesistente fuorigioco. L’attaccante non si da per vinto, e
quando vede arrivare un cross invitante di Pepe, benché marcato stretto da
Thiago Silva, non ci pensa due volte e calcia al volo: è il gol che potrebbe
valere stagione, e come lui stesso ha affermato, è il più importante della sua
carriera. Il Milan allora capisce che non è il momento di accontentarsi, ed
entrambe le squadre si sfidano in battaglia come se fossero Sparta e Atene.
Volano pugni e colpi bassi, entrate da macellaio che costano il rosso a Vidal e
il giallo a Pepe (entrambi salteranno la prossima sfida, con il Chievo), e la
tensione non scende neanche quando l’arbitro fischia la fine di un match che
passerà alla storia più per gli errori arbitrali che per il risultato. I
rapporti tra le due squadre resteranno incrinati ancora per un bel po’,
speriamo che la sfida scudetto resti altrettanto equilibrata. Forse un po’ di
tecnologia in più sarebbe necessaria, o basterebbero anche due assistenti di
porta; quel che è stato è stato, lasciamo le polemiche agli altri e godiamoci lo
spettacolo che dovrebbe essere il calcio.
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