Davide contro Golia, Zambia contro Costa d’Avorio. Come
spesso accade nei momenti decisivi della Coppa d’Africa la situazione si è
risolta ai rigori, e la maledizione inflitta agli “Elefanti”, anni or sono,
continua, in particolare al capitano e trascinatore, Drogba. L’impavida
lotteria ha finalmente premiato coloro che erano arrivati già due volte a pochi
passi dal traguardo, ma inciampati sempre sul più bello. Ma andiamo con ordine.
In una competizione orfana delle grandi nomee, quali Egitto
(detentore del record di vittorie), Camerun, Sudafrica e Nigeria, il livello
tecnico alquanto modesto ha fruttato una finalista scontata, la Costa d’Avorio,
che in semifinale aveva battuto il Mali di Keita, e una finalista
“cenerentola”, lo Zambia, squadra guidata da un coraggioso 43enne francese di
nome Hervé Reanard, che presenta solo nomi sconosciuti, a noi campanilisti
europei. Questi ultimi avevano superato ogni aspettativa, battendo in
semifinale il Ghana, memore dell’avventura in Sudafrica due anni fa, e quindi
fiducioso di arrivare all’ultimo gradino. Tanto per capirci, prima del torneo,
nei punti scommesse lo Zambia non figurava nemmeno tra i possibili vincitori.
La partita, giocata a Libreville davanti agli occhi di
Blatter, si presentava con un copione già scritto: Costa d’Avorio, piena di
campioni dagli stipendi prossimi al PIL nazionale, che asfalta lo Zambia,
squadra i cui investimenti fatti dal governo sono inferiori a quelli di una
squadra militante nella nostra Lega Pro. Fortunatamente ci sono attori che il
canovaccio lo prendono e lo buttano nel cestino, e questi indossano la maglia
verde. Per la prima mezz’ora è lo Zambia a fare gioco, chiudendo tutti gli
spazzi e evitando di far ragionare gli avversari, che sì,cercano di
riprendersi, ma imbattono nell’individualismo di Gervinho e nell ‘anonimato di
Drogba.
Nella ripresa, esce il fantasma di Kalou ed entra Gradel, e
la Costa d’Avorio sfiora il gol quando su assist di tacco di Drogba, il pallone
d’oro africano Yayà Tourè calcia il pallone che esce per questione di
centimetri. Tuttavia l’entusiasmo dello Zambia sembra prevalere, fino a quando
Chansa non frana su Gervinho, obbligando così l’arbitro a fischiare la massima
punizione. Fortunatamente per la squadra capitanata da Katongo, sul dischetto
si presenta Drogba, che con la maglia della sua nazionale, nei momenti topici
non ha molto feeling con il pallone. Dopo aver sbagliato anni fa in finale
contro l’Egitto un rigore decisivo, e un altro in questa competizione, anche in
questa occasione si fa ipnotizzare da Mweene, calciando così il pallone in
tribuna. Il portiere in maglia gialla esulta in faccia al giocatore del Chelsea
in stile Eddie Guerrero e cerca di dargli la mano; prontamente Drogba si scansa
e accusa la zolla del campo per l’errore. In una finale avara di momenti
veramente emozionanti, si passa così ai supplementari, dove solo lo Zambia
sembra essere ancora in vita, e colpisce il palo con Katongo dopo una
bellissima azione sulla destra.
La sonnolenza di gioco porta così agli inevitabili calci di
rigori, un “must” della maggiore competizione africana, come la Costa d’Avorio
ben sa. I rigoristi sono tutti baciati dalla dea bendata, soprattutto Bamba, al
quale, dopo essersi visto parare il rigore da Mweene, viene concesso di
ribattere il calcio di rigore, poi trasformato. Lo stesso Mweene, in perfetto
stile Butt (ex-portiere del Bayern Monaco), si presenta sul dischetto e
realizza il quinto rigore della sua squadra. Per assistere al primo e vero
errore bisogna attendere il 15° rigore, quando Kolò Toure, propostosi al posto
di Gervinho, non in vena di tirarlo, si fa parare un rigore calciato malissimo.
Tutti i giocatori dello Zambia sono in ginocchio, cantanti e preganti, ma colui
che poteva divenire il giocatore-copertina di un intero paese, Kalaba, spara
alto, facendo così continuare la serie infinita di calci. Finalmente sul
dischetto si presenta il giocatore dell’Arsenal, Gervinho: se non voleva
calciare il rigore c’era un sicuramente un motivo, perché anche lui sbaglia
clamorosamente calciando alle stelle. Si presenta così il Fabio Grosso di
colore, Stoppila Sunzu. Nei suoi occhi si legge la stessa tensione e emozione
del terzino della Juventus, solo che lui calcia di destro. Il rigore si insacca
alle spalle di Copa e la Zambia può finalmente gioire. Un paese mitragliato
dalla sfortuna e dalla povertà, stacca la spina per una sera dai problemi
quotidiani e ringrazia i suoi eroi. Finalmente possono sollevare la coppa, che
vale per loro una carriera, e cantare fino a tarda notte, come solo gli
africani sanno fare.
Nessun commento:
Posta un commento