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domenica 15 aprile 2012

Mareggiata Blues, 5-1 al Tottenham


Come ieri, anche oggi metà dello stadio Wembley di Londra si tinge di blu, mentre l’altra metà di bianco, anziché di rosso. Ieri abbiamo gustato il “derby dei Beatles”, Liverpool-Everton (terminato 2-1), oggi quello dei “The Who”, o meglio, una delle tante stracittadine londinesi, Chelsea-Tottenham. Eventi emozionanti, valevoli per la finale di FA Cup che si terrà sempre a Wembley, il 5 maggio.
LONDON, ENGLAND - APRIL 15:  Frank Lampard of Chelsea celebrates victory after the FA Cup with Budweiser Semi Final match between Tottenham Hotspur and Chelsea at Wembley Stadium on April 15, 2012 in London, England.Quella di oggi è una giornata particolare, delicata, in Inghilterra, poiché ricorre il 23simo anniversario della tragedia dell’Hillsborough, ma siccome le disgrazie non tardano mai ad arrivare, durante le due partite giocate oggi (l’altra è Manchester United-Aston Villa, di Premier League) è stato ricordato Piermario Morosini, tragicamente scomparso ieri durante Pescara-Livorno, con un commovente minuto di silenzio. Si gioca nel tempio del calcio inglese, Wembley, là dove i sogni si realizzano oppure si infrangono. A sfidarsi sono il Chelsea di Di Matteo, che vede presentarsi all’orizzonte nove giorni in cui si deciderà molto del suo futuro e della stagione del Chelsea, tra semifinali di FA Cup e di Champions League, contro il Tottenham, reduce da solamente due vittorie nelle ultime sette partite, che schiera tra i pali Cudicini, ex-compagno di squadra e di vittorie dell’allenatore italiano.
Nel primo tempo non accade granché, facendo quasi rimpiangere la partita di ieri, se non qualche sporadica sgroppata di Bale e qualche invenzione di Juan Mata. Iniziano decisamente meglio i Blues, che spingono con Kalou e Ramires, illuminati da Mata, che scaricano a Drogba la responsabilità di segnare, con la pretesa di ottenere la finale contro il Liverpool in scioltezza, per poter già pensare al Barcellona. Crea poco tuttavia la squadra di Di Matteo, sprecando un clamoroso contropiede al 27’ con Kalou che serve Juan Mata, tagliando tutta la difesa, ma il controllo dello spagnolo semplifica a Cudicini l’uscita coraggiosa. Quando si sveglia il Tottenham la musica non cambia, poco fumo e poco arrosto. Lennon ci prova da fuori, Adebayor manca l’appuntamento col pallone facendo sì che si stampi sul palo, ma il risultato resta lo stesso, almeno fino a quando al 42’ minuto Drogba non chiarisce tutti i dubbi riguardo il suo valore e quello di Villas Boas, che gli preferiva Torres. L’ivoriano è con le spalle alla porta, marcato da Gallas: un tocco all’indietro per girarsi e  un sinistro potentissimo alle spalle di Cudicini. Si rientra negli spogliatoi con il Chelsea che possiede già mezzo biglietto della finale.
Dopo soli 4 minuti dalla consueta bevuta del te (forse un po’ in ritardo rispetto agli standard d’Oltermanica) accade quello che in Italia tanto amano, ma che Inghilterra non porteranno avanti per dei mesi, annoiando così le letture monotone dei tifosi: un caso di gol-non gol. Non servono a nulla due prodigiosi interventi di Cudicini, prima su Mata e poi su David Luiz, perché dalla mischia, lo stesso spagnolo calcia in porta, senza che il pallone varchi la linea di porta perché salvato da Assou-Ekotto, ma Atkinson, titubante, assegna il gol del 2-0 a Mata, scatenando così l’ira degli Spurs. Spurs che vengono nuovamente penalizzati dopo 7 minuti, poiché nonostante Bale segni a porta vuota, Cech andava espulso per l’intervento su Adebayor con conseguente calcio di rigore. Non serve a nulla tuttavia il gol del gallese, perché dopo un periodo morto di gioco, al 77’ Mata serve Ramires in mezzo all’area, che d’esterno destro “scucchiaia” il pallone per la terza volta nella rete di Cudicini. A mettere il punto esclamativo alla superlativa prova dei Blues (arbitro a parte) e a far prendere la via di casa con almeno 10 minuti d’anticipo ai tifosi del Tottenham ci pensano Lampard e Malouda, timbrando così un 5-1 che lascia poco spazio ai dubbi quando si riparlerà di questa partita. Prima l’inglese segna su punizione da 35 metri, ingannando il portiere italiano e dedicando come al solito il (gran) gol alla madre scomparsa; poi Malouda, dopo che Parker aveva scatenato una mezza-rissa, sfrutta al meglio l’ennesimo assist di razza spagnola e fa scivolare il pallone sotto Cudicini.
I giocatori saranno pure gli stessi, l’allenatore no. Allora è proprio l’allenatore italiano che ha il merito di questo straordinario finale di stagione dei Blues? Intanto, Spurs polverizzati, ticket per la finale di FA Cup in tasca e testa al Barcellona e al destino, col quale si ha un appuntamento mercoledì sera alle 20:45. Vietato sbagliare.

City inarrestabile, 6-1; il Liverpool è la prima finalista di FA Cup


Carlos Tevez of Manchester City celebrates, gesturing towards Norwich City fans, after scoring his second goal against them in their English Premier League soccer match in Norwich, eastern England April 14, 2012.
In una giornata dolorosa per il calcio mediterraneo, quando ancora la tragica notizia non era nemmeno immaginabile, in Inghilterra abbiamo avuto modo di assistere a parecchie partite, su tutte il derby di Merseyside e il City di Mancini di scena contro il Norwich.
Memoria onorata – A un giorno dal 23esimo anniversario della strage di Hillsborough, il derby di Liverpool va in scena lontano dai cancelli di Anfield o del Goodison Park, esattamente a Wembley, dove si giocano come è consuetudine, le semifinali di FA Cup. Nella tragedia dell’89, durante la semifinale di FA Cup contro il Nottingham Forest, morirono 96 tifosi reds, e la finale poi vinta dal Liverpool fu giocata proprio contro gli acerrimi rivali, i Toffies. Se non bastano i due derby cittadini in Premier, ecco che viene in salvo la Coppa Italia d’Inghilterra, come spesso è chiamata da noi, a regalare emozioni umane (minuto di silenzio e tributo con fiori e fasce nere) e sportive (la partita in sé). Subito la bilancia pende sulla sponda blu dello stadio della Nazionale inglese, per merito di Jelavic che in maniera molto cinica sfrutta un erroraccio difensivo di Agger e Carragher in fase di rinvio, trafigge la porta di colui che ha commosso una nazione intera, Jones. Quando oltre alla retroguardia anche l’artiglieria pesante sbaglia (vedi Carroll, che si divora un gol di testa facile facile) sembra tutto perduto, ma non è così: Suarez lotta per rimpossessarsi dello scettro del cinicism, e Suarez non esita ad accompagnare in rete un retropassaggio suicida di Distin. Verso la fine, a regalare la finale ai tifosi sponda red, così da mettere un po’ di sale su questa stagione insapore, ci pensa proprio Carroll, che traducendo in inglese“dalle stelle alle stalle”, goes from zero to hero.
Citizens alla sesta – 11 gol in due partite: è questo lo score del City di Mancini contro il Norwich di Lambert quest’anno, apprezzabile rivelazione della stagione inglese, che però nulla può contro lo strapotere petroliero di Moss Side. Dopo un match (tennistico?) vinto dai Citizens per 6-1, nonostante il risultato sia leggermente esagerato e crudele nei confronti dei Canaries, viene un po’ il dubbio riguardo al finale di Premier League: se Tevez avesse continuato a giocare anziché flirtare con Galliani e giocare a golf, dove sarebbe oggi il Manchester City? Ancora aggrappato a delle misere speranze provvidenziali dipendenti solo ed esclusivamente da un harakiri dei Red Devils, o appollaiato in cima alla classifica, a scrutare tutti dall’alto al basso? Eh si, perché è proprio l’Apache, Tevez, a trascinare i compagni di squadra alla vittoria. Una bella portata di Asado argentino, condito dalla ritrovata coppia del gol Tevez-Aguero ha fatto sì che il primo segnasse una tripletta, aumentando così i rimpianti di Berlusconi & co., mentre il secondo si accontentasse “solo” di una doppietta. Lo smash finale arriva grazie ad Adam Johnson, giocatore forse sminuito, perché inglese, dai suoi compagni costati decine e decine di milioni di euro. Il gol del Norwich, l’unico, è arrivato dai piedi di Surman, quando ancora il punteggio era sullo 0-2. Il microfono passa alla squadra di Ferguson, che può e deve vincere contro un inguaiato Aston Villa.
Lo Swansea si rimette in carreggiata, battendo per 3-0 il Blackburn, mentre il QPR di Cissè perde contro il West Bromwich, restando così a rischio retrocessioni. Finisce a reti inviolate la partita tra Sunderland e Wolverhampton.

domenica 1 aprile 2012

Oh Juvita, Juvita mia..


In termini tennistici, il Milan ha alzato una palla troppo in alto, perché la Juve non la “smashasse”: 1-1 col Catania (e che Catania) e possibilità ai bianconeri di portarsi a -2. Pronti, via, lo stadio è, come sempre, stracolmo, ma assiste ad un primo tempo scialbo, dei più noiosi della domenica calcistica, dove l’unico spettacolo sono i tifosi. Ci provano Borriello e Vidal, ma la palla esce entrambe le volte, e Hamsik, che però si fa ipnotizzare da Buffon. Si arriva al 45’ con una Juve più aggressiva di un Napoli molto sottotono, ma di concretezza in campo, proprio non se n’è vista.
Come contro l’Inter, la metamorfosi “Kontiana” si materializza nello spogliatoio, dal quale escono 11 indomabili leoni, e altrettanti docili agnelli, vittima sacrificale della Pasqua bianconera. Bisogna attendere solo 9 minuti, e in maniera più che fortunosa, Bonucci devia un tiro di Vucinic in mischia e spiazza De Sanctis, superstite fino a quel momento della gita torinese dei partenopei. L’esultanza del difensore a mo’ di culla, è forse presagio della sua rinascita, quella che tutti i tifosi bianconeri e azzurri (si intende della Nazionale) aspettavano. Il gol, in dubbio fuorigioco, precede un gol (stavolta regolare) annullato a Vucinic, ma la storia non cambia; a mettere al sicuro l’imbattibilità bianconera ci pensa Vidal, che dopo una serie di finte dal limite dell’area si inventa un gol fantastico di sinistro, chiudendo di fatto la partita. Dopodiché, diventa un vero e proprio tiro al bersaglio, con Quagliarella che si vendica di tutto il male che gli è stato tirato addosso dai suoi compaesani, segnando il terzo gol della serata, il secondo stagionale in campionato. La ciliegina sarebbe un gol del pupillo dello Stadio, niente meno che Del Piero. Volenteroso, quasi egoista, si ostina e sfiora due volte il gol, ma forse la Juve chiede troppo. Lo Juventus Stadium che canta “O’ Surdato ‘Nnamurato”, con un aggiunta di Ju- (Oh Juvita), è già abbastanza, per una lotta allo scudetto che si appresta a regalarci ancora tante emozioni. Nota stonata della serata, Borriello, che si danna in tutto e per tutto, ma sbaglia anche il non sbagliabile. I numeri parlano da soli: 19 tiri contro 5, e un espulsione nel finale per gli Azzurri (gomitata a Chiellini da parte di Zuniga).
Carica di aspettative, la partita non le ha tradite, e ora all’orizzonte ci sono due bellissime sfide per lo Scudetto e per la Champions, senza tralasciare quella per la salvezza. Ringraziamo questa Juve e il suo artefice, mister Conte, senza i quali il campionato sarebbe già bello che chiuso. La strada dei bianconeri è in salita, quella del Milan in discesa, ma il calcio ci abituato a tante sorprese, no?

venerdì 23 marzo 2012

Messi si copia e supera Cesar: nuovo Record


 
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Size:  88.7 KB1-2-3-4, voilà. Da 1 a 234, da Albacete a Granada, ecco un nuovo record.
Succede che ormai si cade nel banale, nel <<già detto>>, nel ripetitivo ossequiare (e questa non è un’eccezione) colui che forse supererà, o ha già superato, i mostri sacri della storia del calcio, Maradona e Pelè, ovvero Lionel Messi. Alla tenera età di soli 24 anni (!), la Pulce fa sì che la storia diventi veramente storia, archiviando un eroe balugrana come Cesar Rodriguez, raggiungendolo e sorpassandolo a quota 234 reti con la maglia del Barça. Ormai un nuovo record di Lionel è all’ordine del giorno, (uno tira l’altro) nonostante prima o poi quest’ultimi finiranno. La stella agli ordini di Guardiola non sa neanche più cosa inventarsi; dopo i gol al Panathinaikos, al Real, al Getafe, al Siviglia (giusto per citarne qualcuno tra i più belli da ammirare), Messi ormai si copia da solo: andatevi a riguardare il primo gol segnato con il Barcellona, contro l’Albacete, e quello del record in questione, contro il Getafe. Noterete che si assomigliano in maniera incredibile, oltre ad essere bellissimi da vedere. Ci sembra di aver visto tutto, ma ogni domenica, e mercoledì, il tre volte pallone d’oro ci ammalia con nuove delizie, nuove perle, sempre più belle e decisive. E se come Ligabue insegna, “il meglio deve ancora venire”, aspettiamo con impazienza il futuro, soprattutto Brasile 2014, vero e proprio banco di prova per Messi e la “sua” Argentina. Ringraziamo il magnifico gioco del Calcio, e il suo Genio e amante per eccellenza, perchè tra 40, 50 anni, potremo dire:<<Io ho avuto la fortuna di vedere giocare quel talento, Lionel Messi>>. Name:  Lionel-Messi-Trophy-Barcelona-Champions-Leagu_2602942.jpg
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martedì 20 marzo 2012

Il Capitano e il genio uscito dalla Lampada: la Juventus vola in finale di Coppa Italia


 
Non accadeva dal lontano 2006, quando la Juventus giocò la Supercoppa Italiana: finalmente i bianconeri tornano a disputare una finale e a giocarsi la possibilità di aggiungere un trofeo in bacheca. Per raggiungere questo obiettivo è stato necessario sacrificare la “verginità” dello Juventus Stadium, oggi stuprato da un Milan che esce a testa alta, nonostante le numerose assenze, con la mente già al Barcellona. Sebbene la Juventus esca sconfitta per 1-2 dopo i 90 minuti, che ha così regalato altri 30 minuti di spettacolo e sofferenza, amore e scaramanzia, la squadra di Conte strappa il biglietto per la finale del 20 maggio grazie ad una magia di Mirko Vucinic, al 96’.
La partita, che era prevista orfana di Ibrahimovic, invece sceso in campo contro tutto e tutti, ha regalato emozioni fin da subito, facendoci dimenticare quelle inutili e disgreganti discussioni pro o contro gli arbitri. La sorpresa che ha regalato un sorriso, (e una linguaccia) a tutti i tifosi bianconeri è senza dubbio la titolarità del capitano Alessandro Del Piero, che servito da Lichsteiner dopo un’invenzione di Pirlo sblocca il risultato alla mezz’ora. Dopo una prima frazione “agréable”, il secondo tempo comincia col botto: gol di Mesbah, forse il peggiore in campo nei primi 45 minuti, e ora ancora di salvezza rossonera. Intanto Ibra ha lasciato il campo al posto di Maxi Lopez: mai cambio fu più azzeccato. L’argentino regala dinamismo e velocità in attacco, condendo la prestazione tattica con un gol da cineteca, aggirando due difensori e scaricando un destro potente sotto la traversa. Su questi due gol, c’è la firma trascendente di Galliani, che ha portato questi due nuovi volti a Milano, e il secondo di questi, ha dato inizio alla risalita del Milan, segnando a Udine. La Juve ci prova fino allo scadere, soprattutto con Vucinic, ma avendo un Borriello che in campo incarna l’anti-Juve per eccellenza, sembrando più stanco di chi ha corso 70 minuti più di lui, è difficile segnare. Allora la direzione è una ed una sola: supplementari. E dopo soli cinque minuti, il genio esce finalmente dalla lampada: dopo tre prestazioni una più bella dell’altra (Genova, Firenza e questa), Vucinic sceglie di diventare decisivo, scagliando da distanza siderale un siluro sotto l’incrocio dei pali, proprio quello che aveva infilato Del Piero contro la Roma; i giardinieri non dovranno togliere le ragnatele da lì almeno per un bel po’.
Il finale è solo per i cuori forti, in quanto un gol di Inzaghi & co. (sì, proprio Inzaghi, che improvvisamente si accascia infortunato, stringe i denti e resta in campo, guadagnandosi una compassione positiva, da parte di tutti i tifosi di calcio) cambierebbe tutte le carte in tavola. Fortunatamente, per il cuore di Agnelli in tribuna e Conte in panchina (ancora senza voce, costretto a “sfruttare” il suo vice, Alessio) questo non succede, e Orsato fischia la fine. Ora la “decima”, per “blasfemizzare” il termine madrileno riferito alle Champions League, dista solo una partita, che vale una stella, d’argento.
Maxi Lopez esulta dopo il 2-1 rossonero.  

mercoledì 14 marzo 2012

Cuore azzurro, esperienza blues: il sogno partenopeo finisce


WHAM BAM THANK YOU BRAN ... Branislav Ivanovic celebrates his winner
Il fattore Didier colpisce ancora: dopo l’eliminazione, più o meno meritata (e prevedibile), di un’Inter sempre più nell’abisso, contro il Marsiglia di Didier Deschamps, anche il Napoli cade, sprecando così un’opportunità colossale di scrivere la storia, per mano, o meglio per testa, di Didier Drogba, campione dalle due facce, trascinatore immortale del Chelsea.
Il set point era stato ottenuto all’andata al San Paolo, vincendo 3-1 contro un Chelsea che annegava tra i problemi di AVB; 21 giorni dopo, il match point è a Stamford Bridge, a due passi dalla Lista esclusiva delle Top 8 d’Europa. Sprecato, più e più volte, spesso malamente. E’ mancato il salto finale, quello nel vuoto, dove si rischia tutto, se non di più. Al cuore azzurro, ha prevalso l’esperienza blue: la grande squadra, rivoluzionata in panchina nel frattempo (onore almeno a Di Matteo, alla terza vittoria consecutiva), è riuscita nella grande “Remuntada”, ribaltando la sonora sconfitta esterna con un ancor più roboante 4-1 casalingo. I 5mila tifosi azzurri, giunti a Londra con o senza biglietto, potranno dire “Io c’ero”, ma non potranno dire che quella è stata una delle migliori prestazioni degli 11 di Mazzarri. Allenatore che, forse condizionato dalla recente espulsione e conseguente squalifica, si è fatto sentire poco dalla panchina, e probabilmente anche questo ha inciso sul finale di partita, più molle che mai (i crampi erano d’obbligo, comunque).
Il Napoli parte forte, e i tre là davanti fanno sempre paura, specie in velocità, e creano non pochi sussulti nell’area di Cech, almeno per i primi 20 minuti. Poi, purtroppo, l’Elefante ivoriano Drogba, apre le danze con un gran gol di testa, cartellino da visita eccellente per uno dei migliori attaccanti degli ultimi decenni. Cavani spreca, Zuniga temporeggia, e il primo tempo si chiude sull’1-0 per i padroni di casa. Il rientro in campo è una doccia fredda per i partenopei: solo 3 minuti e Terry, completamente dimenticato dalla difesa azzurra,  svetta su un calcio d’angolo e insacca alle spalle di De Sanctis. Con questo risultato i Blues sarebbero qualificati. Ma quando il gioco si fa duro, i leoni si svegliano, e Inler, lo è per eccellenza. Come al Madrigal, lo svizzero controlla un gran pallone di destro lancia un siluro nella porta di Cech, che riaccende le speranze di una nazione intera. Dopo l’ingresso in campo di un Fernando Torres in grande spolvero (non ai livelli di Anfield, sia chiaro), il Chelsea riprende in mano la gara e costringe i tifosi a restare quantomeno mezz’ora in più allo stadio: Dossena tocca con la mano dopo un calcio d’angolo, Lampard non si fa pregare e trasforma il rigore del 3-1. Il fardello dei 90 minuti pesa sulla schiena di tutti i giocatori in campo, e lo spettacolo ne risente. De Sanctis perde il senno per un attimo, uscendo all’impazzata, ma per fortuna c’è Torres a doverne approfittare, che puntualmente non ci smentisce. Non sarà lui l’uomo della provvidenza. L’uomo in questione viene dall’est, e sarà ricordato per sempre come il castigatore del Napoli: dopo una gran giocata al lato dell’area di Drogba, Ivanovic trafigge De Sanctis e il cuore di tutti coloro che ci credevano. Stamford Bridge è una bolgia, bandiere bianche-blu fanno da cornice ad una serata triste per noi italiani (ovviamente, Di Matteo a parte), che si conclude nel peggiore dei modi. Oltre ad un arbitro esplicitamente impaziente di far guadagnare tempo ai Blues, un grande campione come Didier Drogba, autore di una memorabile partita, cade nel fango dell’antisportività, simulando a mo’ di Bousquets, rovinando così l’icona che egli rappresenta.
Ora la speranza tricolore resta aggrappata al solo Milan, venerdì ci sono i sorteggi, tutti a caccia di una delle 3 out-sider: Apoel Nicosia, Benfica e Marsiglia. Va fatto “mea culpa” di aver detto cat, prima di averlo in the sac. Sarà per un’altra volta, ma bisogna comunque ringraziare questa squadra per le emozioni che ha regalato, pensando col senno di poi, cosa sarebbe successo se Maggio avesse segnato il 4-1 all’andata. Maledetto Cole.
 

martedì 6 marzo 2012

"Vacanze londinesi"


Abbiati fa il miracolo su Van Persie. Afp
Che cosa c’è in comune tra Istanbul e La Coruña? Nulla, geograficamente parlando. In termini calcistici invece, queste due città evocano ricordi assai amari per i tifosi milanisti. Ad Istanbul il Milan perse una finale di Champions contro il Liverpool, dopo essere stato in vantaggio di tre reti a zero; nella città spagnola invece, dopo aver vinto 4-1 a San Siro all’andata, i rossoneri persero per 4-0 dicendo così addio alla coppa delle grandi orecchie. Non è andata così stasera, ma poco ci è mancato che a questa “particolare” lista non andasse aggiunta anche la voce <<Londra>>.
15 Febbraio 2012: Il Milan, dopo aver pescato l’Arsenal come avversaria degli ottavi di Champions League, stravince la partita di andata, imponendo ai ragazzi di Wenger un rotondo 4-0, sinonimo di “tornate in Inghilterra, questo è il nostro anno”. Così hanno fatto gli inglesi, che però, con astuto silenzio e presunta rassegnazione, hanno preparato la partita di ritorno nel migliore dei modi.
6 Marzo 2012: In perfetto stile inglese, lo stadio Emirates è pieno in occasione del ritorno degli ottavi di Champions League contro il Milan, nonostante la sonora sconfitta subita. Mezza Londra ci crede (possiamo credere che i tifosi di Chelsea e Tottenham “gufassero” contro) e, a ragione, si illude quel tanto che basta per rendere una serata indimenticabile. La fresca brezza londinese spazza via i brutti pensieri dall’armata bianco-rossa, che scende in campo armato di buona volontà e una grinta inesistente, solamente qualche settimana prima.
Subito Koscielny, 20 minuti dopo, un rinato Rosicky, e poco prima dell’intervallo Van Persie su calcio di rigore. 3-0; questo è il primo tempo, niente di più, niente di meno. Giocatori onnipresenti (Rosicky, Song..) e altri fantasmi  veri e propri (Nocerino, El Shaarawy..).
Doveva essere una “vacanza londinese”, ma bastano due tocchi di magia francese che questo dolce limbo europeo si trasforma nel peggiore degli inferni, solo che al posto delle fiamme ci sono sciarpe bianche e rosse, e al posto dei dannati, irriducibili tifosi fedeli al proprio credo. Ecco che tornano i brutti ricordi ai tifosi rossoneri, ormai assenti da troppo tempo dall’esclusiva lista di Top 8 Europea, ma al rientro in campo le parole di Allegri si fanno sentire: il Milan gioca più ordinato, buone ripartenze fruttano anche più di un match-point, tutti puntualmente sprecati, oltre all’imprescindibile ed onnipotente Ibrahimovic. Il girone dei suicidi dista solo un passo: se non ci fosse stato il miracoloso Abbiati (al quale andrebbe dedicato il Duomo) che salva un gol praticamente già fatto di Van Persie, saremmo qui a parlare dell’ennesima beffa rossonera. Invece non è così, Allegri e tutti i tifosi rossoneri nel mondo perdono parecchi chili e capelli, ma alla fine il Milan strappa un 3-0 (sì, sembra strano da dire..) che potrebbe valere una stagione. Tanto di cappello ad entrambe le squadre, “non tutto il male vien per nuocere” starà predicando Galliani..